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Una installazione. Un giorno. L’idea di partenza era quella di trasformare il parco minandone il disegno regolatore, ponendo una serie di variazioni programmatiche che, come delle vere e proprie deviazioni, fossero capaci di alterare-mutare la percezione che il visitatore abituale aveva del parco stesso. L’obiettivo era quello di calare fisicamente sul parco un nuovo reticolo di segni bianchi, pareti bianche che, come barriere immateriali, fossero capaci di ridisegnarne l’accessibilità partendo dall’interruzione dei percorsi esistenti e obbligando i visitatori a seguire nuovi sentieri inesplorati, a toccare l’erba dei prati e ad avvicinarsi agli alberi, per apprezzarne la proporzione, l’ombra, il profumo. Al calare del sole la transumanza lenta delle persone arricchiva di connotati giocosi l’intervento, proiettando ombre sempre più lunghe sugli schermi bianchi delle vele che pian piano si gonfiavano al soffiare del vento della sera.